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Covid-19. Più progetti, meno colori

Covid-19. Più progetti, meno colori

Un anno e un mese esatto dal primo confinamento. Prima che le nostre giornate neanche troppo lentamente – tra un canto corale affacciati ai balconi e un collegamento on line per l’aperitivo con gli amici, la riunione di condominio o un consiglio di amministrazione – si riducessero all’ascolto passivo e in automatico di calcoli aritmetici su contagi, morti, terapie intensive e vaccini. Numeri ora edulcorati, ora aggravati dai colori dell’arcobaleno ormai non più abbinabili a vestiti, a festoni per un evento, a tinte di oggetti per arredamento o a giocattoli per bambini. 

Siamo stati letteralmente sopraffatti da una gestione che per carità, lungi il sottoscritto dall’avere ricette vincenti, ci ha completamente lobotomizzati privandoci di una delle cose più importanti per la vita di un essere umano: la progettualità. La progettualità che non è sogno, non è ambizione, non è carriera, non è competizione. Parlo di progetti semplici come un fine settimana con la tua dolce metà, una cena al ristorante con un amico, l’appuntamento con il tuo compagno di allenamento in palestra, la partita di tennis o di calcetto, ma anche il cinema la domenica pomeriggio o una serata a teatro in settimana.

Piccole cose che dopo un anno di privazioni sono immense e non solo per la gravissima motivazione economica, ma anche perché danno respiro alle giornate di chi costruisce giorno per giorno la propria vita sul piccolo progetto del fine settimana, della cena al ristorante, dell’allenamento in palestra, della partita di tennis o di calcetto, di quel cinema la domenica e di quel teatro in settimana. Perché la vita è forse banalmente anche e soprattutto questo. Ecco perché, per assurdo, la malsana gestione di questa emergenza ci ha sottratto anch’essa il “respiro”: quando in un essere umano azzeri del tutto la potenzialità di progettare la propria giornata riducendola a una eterna impastatura di pane-pizza, gli hai tolto l’ossigeno, quello che irrora il cervello e produce frutti esistenziali talvolta anche strabilianti. 

Il Covid esiste, è una drammatica realtà che ha ucciso moltissima gente e continua a farlo ma, non volendo entrare nel merito di una pessima gestione sanitaria, che chiunque abbia avuto a che fare con il virus ha potuto toccare con mano, e nell’attesa dei tanto sperati effetti benefici di una campagna vaccinale che viaggia su binari di schizofrenia mediatica e organizzativa, non è possibile non rilevare i controsensi di chiusure e aperture che sembrano davvero lasciate al caso e senza fare assolutamente i conti oltre che con lo scontato aspetto economico anche con quel non meno rilevante aspetto psicologico al quale accennavo.

Personalmente mi sentirei molto più sicuro in un cinema o in un teatro con mascherina e ingressi contingentati attraverso prenotazioni on line di quanto non mi senta quando vado al supermercato sotto casa dove nessun controllo o contingentamento è effettuato ormai dall’autunno, e sicuramente preferirei una palestra con dieci persone distanziate che ritrovarmi in un’aula di Tribunale in venti e più persone tra avvocati, magistrati e personale di cancelleria, imputati e testimoni!

Ma di esempi del genere se ne potrebbero fare a decine e tutti porterebbero alla drammatica conclusione che chi gestisce dall’alto tutto questo non ha assolutamente considerato che se l’ossigeno nell’immediato è vitale per i nostri polmoni, a lungo termine lo è anche per il nostro cervello e questo vale per tutte le età. Dal bimbo alla persona più anziana, ogni generazione ha diritto ai suoi sogni e al suo piccolo progetto giornaliero su cui costruire quelle dodici ore che si intervallano tra la sveglia e il sonno e che volenti o nolenti scandiscono la nostra esistenza dall’inizio alla fine. 

Più progetti e meno colori quindi, lasciando che l’arancio e il rosso mi ricordino soltanto quel meraviglioso “pigiama palazzo” di mia madre degli anni Sessanta e la mia fiammeggiante Renault 4 di qualche annetto fa. 

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